mercoledì 25 novembre 2015

La carne trasformata causa il cancro come il tabacco o il plutonio?

Dopo i titoli dei giornali e gli interventi di esperti seguiti all’opinione pubblicata dalla IARC (International Agency for Research on Cancer) sull’evidenza del ruolo che le carni trasformate hanno nello sviluppo di certi tipi di cancro, possono essere interessanti alcune considerazioni “quantitative”. Perciò abbiamo ascoltato la puntata di “MORE OR LESS”, BBC4, dedicata a questo argomento (http://www.bbc.co.uk/programmes/b006qshd).


Sotto la lente ci sono le carni “trasformate attraverso salatura, fermentazione, affumicatura, e altri processi finalizzati a migliorare sapore e conservazione con sostanze chimiche o aromatizzanti”. Tra virgolette citiamo la definizione che compare nel comunicato stampa n° 240 della IARC (l’originale in inglese è disponibile su http://www.iarc.fr). In questo rapporto la IARC dichiara che “le carni trasformate sono cancerogene per gli esseri umani in base a evidenza sufficiente negli esseri umani che il consumo di carni trasformate causa il cancro del colon-retto”. Cioè esiste una statisticamente significativa quantità di evidenza che le carni trasformate provochino il cancro. Questa valutazione, che si basa sulla letteratura già esistente sull’argomento, pone le carni trasformate nel Gruppo 1 di agenti testati da IARC, insieme a tanti altri tra cui, per esempio, il fumo attivo di tabacco e il plutonio radioattivo. Gli agenti inseriti nel Gruppo 1 hanno in comune la comprovata capacità di provocare il cancro. Tuttavia, non provocano lo stesso numero di casi di cancro, cioè a ognuno di essi è associato un rischio diverso (http://www.iarc.fr/en/media-centre/iarcnews/pdf/Monographs-Q&A.pdf). Come conferma uno degli autori del comunicato stampa, il Professor Paolo Vineis, Imperial College, Londra, questa valutazione è di tipo “qualitativo”.
Invece l’altra affermazione statistica che compare in questo rapporto è esplicitamente quantitativa: “ogni porzione da 50 grammi di carne trasformata consumata al giorno aumenta del 18% il rischio di cancro al colon-retto […] e il rischio aumenta all’aumentare della quantità di carne” (https://www.iarc.fr/en/media-centre/pr/2015/pdfs/pr240_E.pdf).

Suona allarmante, però il messaggio sembra chiaro: meno, e meno frequentemente, mangiamo carne trasformata meglio è. Invece, secondo il professor Kevin McConway, statistico della Open University, questo dato non può essere interpretato senza considerare il rischio individuale di sviluppare quel tipo di cancro durante l’intera vita, rischio che è diverso per esempio a cominciare dal sesso: in Gran Bretagna un uomo su 15 potrà sviluppare il cancro al colon-retto; tra le donne, una su 19. McConway ricalcola il rischio tenendo presente il summenzionato 18%: negli uomini diventerebbe un individuo su 13. Tuttavia, secondo il professor McConway, questo non significa che il rischio corso da una particolare persona cresca “se mangia il bacon”.

Infatti, oltre al sesso, conta anche la familiarità e, per quanto riguarda lo stile di vita, oltre al consumo di carni trasformate e di carni rosse, tra i fattori di rischio per il cancro dell’intestino ci sono la mancanza di attività fisica, una dieta povera di frutta fresca e vegetali, l’abitudine al fumo, e un eccessivo consumo di alcol. Possono poi essere a maggior rischio le persone con diabete, con una storia di morbo di Crohn, o di colite ulcerosa, o persone a cui sono stati rimossi dei polipi.
Con tutti questi fattori in gioco il quadro è molto meno chiaro. E si fa più confuso quando la trasmissione ci racconta che, in Gran Bretagna, il 19% di tutti i tipi di cancro sono dovuti al fumo, mentre solo il 3% sono attribuibili al consumo di carni trasformate e di carne rossa.
Questi dati ci dicono che fumare pone maggiormente a rischio la salute rispetto a mangiare quei tipi di carne. Ragioniamoci: secondo i numeri enunciati, il consumo di carni trasformate e di carni rosse ha provocato 3 casi di cancro (non si specifica il tipo) su 100 in Gran Bretagna mentre il fumo ne ha provocati molti di più. Ne deriva che mangiare questo tipo di alimenti è meno rischioso che fumare. Ma allora come inserire in questo quadro il fatto che il fumo è uno dei fattori di rischio del cancro dell’intestino (www.bowelcanceruk.org.uk e www.cancer.gov )?

Ricordando le considerazioni dello statistico - siamo tutti diversi rispetto al rischio che corriamo di ammalarci di cancro - e mettendo insieme le varie informazioni esposte qui, è evidente che l’entità di quel rischio dipende anche da una molteplicità di fattori legati a dieta e stile di vita. A questo punto si amplia il campo delle scelte preventive e molte di esse ricadono nel campo delle scelte alimentari. Torna utile citare le Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana che spingono verso un’alimentazione ricca di tutte le fonti naturali di fibre: cereali integrali, legumi, frutta e verdura, e povera, tra le altre cose, anche di carni trasformate. Queste sono pericolose quando non incluse in una dieta varia e nutrizionalmente equilibrata e quando l’individuo è esposto ad altri fattori di rischio. Il suggerimento attuale è di consumare le carni trasformate una, massimo due, volte alla settimana. Questo limite da un punto di vista pratico può suonare irritante, poiché abbiamo preso l’abitudine di fare di una porzione di, ad esempio, prosciutto cotto un secondo di carne “salvacena”, anche quando a tavola ci sono bambini. Occorre invece darsi da fare, e sostituire più spesso che si può quella carne trasformata con qualcos’altro.


Ogni anno nel mondo muoiono 694000 persone a causa del  cancro al colon-retto (http://www.europacolon.com). I fattori che aumentano il rischio sono tanti e tra di essi c’è il consumo eccessivo di carne trasformata. Tuttavia c’è molto spazio per provare a prevenire, perciò dissentiamo dall’opinione (riferita da MORE OR LESS) dell’organizzazione non-profit Colon Cancer Canada, che sostiene che per salvare vite occorre diffondere la pratica dello screening “invece di tormentarsi riguardo alla quantità di bacon e salsicce che la gente consuma”. Gli screening sono molto importanti ma, per aumentare la probabilità che siano negativi, vale la pena soffermarsi sulle abitudini e impegnarsi a modificarle se ci accorgiamo che esse ci espongono a maggiori rischi.

1 commento:

  1. Finalmente un'opinione equilibrata e basata sull'evidenza scientifica. Grazie!

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